
La Dama del Lago
La regina Ypa dei Salassi, raccontata in uno shooting.
Per questo progetto mi sono fatta voce narrante: sulla base della leggenda diffusa nei territori Canavesi, ho scritto il mio racconto su Ypa e sulla sua drammatica storia.
Le mie parole sono state il filo narrativo per il team, al femminile, di questo progetto meraviglioso.

La figura di Ypa dei Salassi si perde nella Storia tra mito e leggenda.
Si dice ella regnasse nella zona del Canavese oggi appartenente al Comune di Mazzè, nei pressi delle colline moreniche formatesi con lo scioglimento dei ghiacciai di Monte Rosa e Monte Bianco, nei pressi di un grande lago ora asciugato.
Ella era una donna appassionata, acerrima nemica della Regina di Vercelli.
Storicamente sappiamo che nell’Età del Ferro delle popolazioni celtiche arrivarono in queste zone e si fusero con le genti che già vi abitavano, anch’essi di origine celtica. Abbiamo attestazioni delle popolazioni di Libui, dei Salluvi, degli Ictimuli e dei Salassi. Questi ultimi erano veramente stanziati nel Canavese, come attestano i ritrovamenti archeologici di tombe galliche presso la Burcina (TO).
L’autore storico romano Tito Livio riporta le gesta di Appio Claudio Pulcro, console nel 143 a.C. che sconfisse i Salassi in una battaglia tra Biellese e Canavese.
Dopo questa vittoria i Romani ebbero il controllo totale dei giacimenti auriferi della Bessa, tra Cerrione e Mongrando. Questi erano attivamente sfruttati tra il II sec. a.C. e il I sec. d.C.: la miniera a cielo aperto consentiva l’estrazione dell’oro nelle acque dei torrenti Elvo e Viona.
L’evento è talmente importante da essere riportato da Cassio Dione, Strabone, Velleio Partecolo e Plinio.
In particolare, Plinio il Vecchio riporta in un passo che nomina una miniera d’oro nel territorio di Vercelli, presso Victimulae.
Cassio Dione riporta invece che Claudio, collega di Metello, spinse i Salassi ad una guerra contro i Romani “benché non vi fosse alcuna contestazione contro questi”, ma per avere la giusta scusa per conquistare i ricchi giacimenti auriferi di quei territori.
Alla luce di questi accenni storiografici, riusciamo ad inquadrare un po’ più facilmente la leggenda di Ypa, anche se, come spesso accade, le figure delle due regine vennero forse cancellate dalla Storia e dalle fonti in quanto donne.

La piccola rientrò di fretta aprendo la porta di colpo, richiudendola alle sue spalle con la stessa forza, facendo vibrare tutte le assi e producendo un forte tonfo che scosse la tranquillità di una gelida notte di plenilunio.
“Maestra Argantia, hai sentito quel rumore, fuori nel bosco? Ho i brividi!”
“Alisia! Si mia cara, l’ho sentito anche stasera, io so bene di cosa si tratta.”
Cercai di calmare la mia allieva, abbracciandola. Fuori dalla capanna la luna e le stelle scintillavano nell’aria gelida, un vento leggero scuoteva le fronde degli alberi, mentre all’interno il tepore del falò ci riscaldava. Chiusi bene il chiavistello della porta e mi assicurai che le finestre fossero ben tappate, così come fosse ben coperta con le calde pelli la bambina tremante.
“Siedi qui accanto al fuoco e ti racconterò di Ypa, della sua follia e della distruzione del nostro villaggio.”
Una lacrima solcò le mie guance e la bambina mi strinse la mano nodosa. Iniziai il mio racconto, socchiudendo gli occhi.
“Arrivammo insieme dalle Alpi con la nostra gente e i prodotti della nostra terra, con l’intenzione di scambiarli con i Liguri, un popolo pacifico che abitava il Grande Lago ancor prima di noi. Eravamo mercanti guerrieri guidati coraggiosamente dalla nostra Ypa, regina consacrata a Mattiaca, dea potentissima. Non temevamo nulla.
Il nostro regno si estendeva dalle montagne fino al confine del Grande Lago, racchiuso tra le sponde dell’anfiteatro morenico creato dallo scioglimento lento ghiacciai e dallo scorrere dei fiumi Chiusella e Dora; il suo emissario portava acqua giù fino in pianura, nelle terre vercellesi governate della temuta regina Ressona, acerrima nemica di Ypa. Sorgeva in questa zona, nei pressi di una forra, Mattiacus, un fiorente villaggio.
In questo luogo, in cui le cime dei monti si specchiano nel Lago, i Liguri, da molti secoli, conducevano una vita tranquilla pescando ed estraendo ogni mezzo di sostentamento da questo ambiente: vimini per i cesti, pesci e uccelli per la tavola, piante acquatiche e officinali, acqua potabile, oro per raffinati gioielli.
Iniziammo così, con i nostri cavalli e le nostre merci, su e giù per i sentieri battuti dai nostri avi, intessendo legami sempre più stretti con i Liguri; si andava in autunno e si veniva in primavera, allo scioglimento delle nevi. Pian piano la regina decise di stanziare alcuni gruppi in questi territori floridi e pacifici, per espandere i propri territori. Qui i nostri uomini sposarono donne Liguri e a lungo andare divenne sempre più difficile distinguere le tribù.
Era nato il popolo dei Salassi della stirpe Taurinica. Mi segui fino qui bambina?”
“Certo Maestra!”, disse lei con gli occhi che luccicavano al danzare delle fiamme.
“Continuo allora”, dissi accarezzandole la testa, “ci si rese conto che unendo le due tribù le risorse del territorio intorno al villaggio di Mattiacus non erano sufficienti. Ypa doveva trovare il modo di ampliare maggiormente le nostre terre, bonificando il lago, oppure combattendo contro la sua acerrima nemica, Ressona di Vercelli, così da poterli espandere nei suoi territori.
Conoscevo molto bene Ypa: era una donna indomita, cresciuta dalle druidesse sull’Isola; possedeva la conoscenza ogni erba, ogni animale, ogni poema e ogni canto, il nome di ogni stella, ogni incantesimo, ogni tecnica di combattimento e di arte divinatoria.
La Bandrui, la nostra regina sacerdotessa, sapeva trasformarsi in corvo e aveva il controllo su venti e tempeste. I suoi capelli fulvi erano in grado di trasformarsi in penne e piume corvine, mentre l’azzurro dei suoi occhi rimaneva sempre luccicante come un lago ghiacciato d’inverno, intatto durante la metamorfosi.
Come ogni sacerdotessa, Ypa non aveva né marito né figli; il suo cuore era volubile come le nuvole temporalesche estive, e si invaghiva spesso di qualche guerriero o giovane del suo villaggio. Comargos era un uomo valoroso, alto, forte, che si occupava della manutenzione delle capanne qui al villaggio di Mattiacus. Si incontrarono a Beltane anni prima, e divennero indivisibili.
La vita della regina si sgretolò velocemente come un argine di fango dopo una pioggia intensa appena dopo aver conquistato le terre dei Liguri. La nostra gente venne improvvisamente funestata da disgrazie, il Grande Lago non era più florido come al tempo del nostro arrivo e la regina temeva molto il malcontento e le possibili rivolte. La gente aveva fame, lo spazio era poco, le capanne sempre più vicine e sempre più popolate, il lago sempre più scarso di pesci.
Così come temeva rivolte e carestia, Ypa temeva terribilmente la Regina Ressona di Vercelli: da tempo immemore le due donne si inviavano a vicenda alcuni guerrieri per sporadiche scorribande; nessuna delle due però osava sfidarsi apertamente, tale era l’intimidazione che una provocava all’altra.
Decise quindi, inghiottendo per un attimo il suo orgoglio, di riunire il consiglio degli Anziani per prendere una decisione e risolvere la situazione.
Questo durò due giorni e due notti. Ypa decise infine di bonificare il Grande Lago e creare nuove terre per il popolo. Anche questa volta il conflitto tra le due Regine e lo spargimento di sangue sarebbero stati evitati.
All’alba del terzo giorno la Regina radunò il villaggio per informarlo sulle decisioni prese: sarà proprio Comargos, il suo amato, a dirigere i lavori di bonifica del Lago che sarebbero iniziati al più presto. La decisione venne presa con grande favore dalla nostra gente.
Comargos iniziò allora a far costruire canali e dighe, a far scavare una galleria al di sotto della forra di Mattiacus così che le acque potessero defluire verso sud, percorrendo un vecchio alveo abbandonato. L’operazione sarebbe stata sicura solo se si avesse avuto il pieno controllo delle acque, e solo in questo modo il villaggio sarebbe stato preservato.
Ypa si ingraziò la sua dea Mattiaca, protettrice delle Acque, e grazie al lavoro degli operai guidati da Comargos, venne creata una diga a monte della forra per poter costruire in totale sicurezza la galleria di scarico del Grande Lago. L’uomo acquisì man mano il favore del popolo, che lo vide sempre più come un salvatore.
Un giorno improvvisamente ci giunse, però, dopo la notizia di una relazione parallela di Comargos con un’altra donna, portata in casa nostra attraverso le bocche e le orecchie delle donne del villaggio. Egli aveva raggiunto grande fama grazie alla sua amicizia con la Regina, e ora che godeva del favore del popolo non aveva più bisogno di nessuno.
Negli stessi giorni, Mattiacus subì una rappresaglia dei sudditi di Ressona: avendo saputo del cantiere, la Regina di Vercelli mandò una banda di scagnozzi a danneggiare la diga appena costruita.
Nulla valsero i miei consigli, le mie suppliche, i medicamenti di erbe calmanti e le attenzioni che le riservavo. Non avevo mai visto Ypa così nervosa, furiosa e disperata.
Si abbattè quindi una violentissima tempesta scatenata dalla sua ira, in cui le sue urla di rabbia si unirono a quelle della Dea Mattiaca. Da una parte un uomo, amato grandemente, che aveva tradito il suo amore per la fama, dall’altro la sua acerrima nemica, la Regina di Vercelli, che osava così apertamente sfidarla.
La vidi sparire con le sue ali nere in mezzo alla tempesta, e nessuno seppe nulla di lei per un paio di giorni.
Quando tornò, con lo schiarirsi del cielo e il diradarsi delle nuvole, ci misi parecchio a dipanare i nodi nei suoi capelli. I suoi occhi di ghiaccio ribollivano di vendetta. Provai in ogni modo a dissuaderla, ma l’ira della sua anima era tempestosa.
Comargos doveva pagare lo scotto di quello che aveva fatto.
Ypa rinforzò in quei giorni il legame con Brennus, un uomo insensibile, crudele e implacabile a capo dell’esercito dei Salassi, da sempre invaghito della Regina: aveva bisogno del suo aiuto per portare a termine la sua vendetta. Divenne pensierosa, non trovava pace, vagava nella nostra casa e nei boschi, dimentica di tutte quelle che erano state le sue mansioni di sacerdotessa e regina.
Durante la stessa notte, silenziose come ombre, andammo con alcuni sicari e Brennus a creare un varco nella diga a monte della forra. Il piano era semplice: l’acqua sarebbe defluita quel quanto che bastava per invadere la galleria, travolgendo il cantiere e gli operai al suo interno.
Ma non sempre tutto va come abbiamo previsto. Avevo predetto la stessa cosa qualche giorno prima: la vendetta non è mai benvista dagli Dèi, e la loro punizione è sempre più grande delle nostre sventure quotidiane.
L’acqua iniziò a defluire attraverso il varco che avevamo appena creato e noi tornammo nelle nostre case, guidati dalla luce della Luna e dalle nostre piccole torce, strisciando insieme alle nostre ombre lungo i muri, rimanendo vigili. Lo scroscio ci accompagnava sempre più furioso, insieme ai miei sensi di colpa e all’euforia di Ypa, che divenne sempre più grande in un crescendo di rabbia, sete di vendetta e follia.
I suoi sentimenti si unirono a quelli dell’Acqua e della Dea Mattiaca, creando una fortissima corrente nel canale della forra: la diga, contro ogni previsione umana, si ruppe completamente con un boato assordante. La Dea aveva compreso solo in quel momento le volontà della Regina: era in collera con la sua sacerdotessa per aver usato i suoi poteri e la sua forza per nuocere e creare il caos.
Solo noi e alcuni maggiorenti del villaggio, tra cui gli Anziani, che vivevamo nella parte più alta riuscimmo sì a salvarci, ma il nostro supplizio fu che potemmo vedere con i nostri occhi tutta la distruzione, la morte, tutta la nostra gente che annegava a valle, sotto di noi. Non ci fu tempo di fare nulla. L’acqua si riversò sul villaggio che si stava svegliando, con il sorgere del sole. Non si potè scappare, aiutare, mettersi in salvo. Potemmo udire ogni urlo, ogni grida, ogni bambino che invocava la madre, ogni uomo che chiedeva soccorso affogando nella furia e nel boato dell’acqua.
Venne distrutta ogni cosa del villaggio di Mattiacus, spazzato via dalla furia della vendetta umana, aggravata da quella divina.”
Alisia ora aveva gli occhi sbarrati e le fiamme e l’aria intorno a noi ebbero come un momento di tentennamento al suono delle mie parole. Continuai sottovoce.
“Aspettammo un giorno intero che il Lago si svuotasse completamente, aspettammo che sopraggiungesse il silenzio, che il vento si placasse, poi gli Anziani riunirono quelli che erano i sopravvissuti. La Regina venne immediatamente incolpata del disastro dai suoi sicari. Io mi votai al silenzio e rimasi accanto a Ypa durante quei giorni tristi. Fango e cadaveri erano disseminati ovunque. Non vi erano più provviste per l’inverno, animali da cortile, campi coltivati. Non riuscimmo nemmeno a trovare i corpi di Brennus né di Cormargos. Della nostra casa non erano rimasti neanche i pali.
Fu istituita una spedizione nel luogo dove sorgeva il villaggio per poter vedere da vicino l’entità della devastazione e l’emersione di eventuali campi coltivabili dalla palude, con in testa la regina.
Ma la furia di Mattiaca, invocata segretamente dagli Anziani, fu implacabile.
Scendendo verso la pianura in cui sorgeva il villaggio, costeggiando il fiume, i cavalli aggiogati al carro di Ypa si imbizzarrirono come aizzati da una forza invisibile proprio nei pressi della forra e la trascinarono nell’abisso impetuoso del torrente. Udii da lontano distintamente il suo grido, che si unì al mio, avendo compreso cosa fosse appena successo.
Afferrai immediatamente per la criniera il mio cavallo e scesi alla velocità del vento verso valle. Cavalcai per ore prima di rinvenire il cadavere di Ypa, che galleggiava in una zona tranquilla del fiume. I suoi occhi di ghiaccio erano sbarrati e fissi verso il cielo, la sua bocca tirata in un urlo di rabbia furiosa. Venne inghiottita dall’acqua e trascinata violentemente dalla sua stessa ira, dalla sua stessa tempesta, depositata senza vita in un angolo di mondo dimenticato. Lasciò questa terra urlando con tutta l’aria che aveva nei polmoni.
Cercai di ricomporre il suo corpo, in silenzio, con le lacrime che si mischiavano all’acqua del fiume, con la pietà e il dispiacere che si possono provare verso una vecchia amica, anche se corrotta e consumata dagli eventi.
Non riuscii a trascinarla a riva e decisi di lasciare che l’Acqua la cullasse. Mi misi in salvo, recuperai il mio cavallo e tornai a ciò che era rimasto di Mattiacus per comunicare la notizia.”
Il silenzio vibrò intorno a noi.
“Ormai non sono che una vecchia, bambina mia. Ho visto rinascere il villaggio, e come sai presto servizio come guaritrice, possedendo la conoscenza dei Druidi che la mia maestra Ypa mi ha insegnato. Ho visto riformarsi famiglie, ho visto nascere te, costruire case, ricrescere alberi, ho visto il Lago riempirsi e popolarsi di pesci e uccelli, eppure nelle notti di tempesta o di plenilunio io sento ancora chiaramente quell’urlo. Lo sento rimbombare tra le valli e lo vedo increspare le acque come un tuono che scuote la Terra. L’hai sentito anche tu Alisia, questa sera.”
Ci fu una pausa lunga.
“Pensi che troverà mai pace, maestra?”, disse Alisia sussurrando.
“Cercherà di farlo vagando tra le montagne, tra i boschi, cercherà il corpo di Comargos per distruggerlo, infastidirà i discendenti di Ressona, ma non credo che si placherà mai. Non l’ha fatto in vita, non lo farà ora che è passata Oltre.”
La fiamma del falò ebbe un guizzo e il grande ceppo centrale cadde, creando mille faville che volteggiarono intorno a noi.
Fuori un corvo gracchiò e udimmo chiaramente il frullare delle penne delle sue ali dispiegate per spiccare il volo, nella notte gelida di plenilunio d’inverno scossa solo dal rimbombo di un grido.


Planning and styling: Federica Cosentino Nature wedding planner – @federica_cosentino_wp
Foto: Valeria Forno – @valeriafornophoto
Fiori: Mutabilis Lab – @mutabilislab
Vestito sposa: Martina Girlanda
Suite grafica: Pinkinkstudio – @pinkinkstudio.it
HMUA: Laura Lucamante
Ceramiche: Rose de Nour – @rosedenour
Coroncina: Midhìnight Nymph
Storia di Ypa: Storie di Foglie – @storiedifoglie
Modella: Agnese Mantovani – @agnes_redrebel
Accenni di bibliografia
Un grazie speciale ad Irene Fulcheri per il prezioso aiuto!
Francesco Rubatene Borel, Incolae iugi. I popoli delle Alpi occidentali in storici e geografi dell’età di Livio, Preistoria Alpina, 49bis: 83-93.
Maria Teresa Grassi, I Celti in Italia, Milano 1991.
Alessandro Barbero, Storia del Piemonte, Torino 2008.
“Dalle origini al Medioevo. Le sezioni Paleontologica e Archeologica del Museo del Territorio Biellese“, a cura di Giuseppina Spagnolo Garzoli e Angela Deodato, Biella, M10 Edizioni, 2014, pp. 47-54.
“Oro, pane e scrittura. Memorie di una comunità inter Vercellas et Eporediam“, a cura di Luisa Brecciaroli Taborelli, Roma, Quasar, 2011, p. 25